Usare i social networks per vendere il vino non è difficile e funziona: ma la cosa più importante è una comunicazione coerente e sincera
Antefatto: ieri un mio amico di Twitter ha postato una foto del Nero d’Avola su Instagram, e ne ha detto bene. Una sua amica che ha una pasticceria l’ha vista e mi ha mandato una mail. Oggi sono partite le prime bottiglie.
Libera circolazione delle idee, amicizie virtuali più vere di quelle reali, degustazioni in diretta in differenti città, fotografie scambiate e commentate su instagram che diventano segnalazioni e che si trasformano in rapporti commerciali, o in eventi culturali.
Credo non ci siano limiti alle potenzialità della rete, e siamo solo all’inizio.
“Mi dicono, perché non frequento”. Per chi un po’ sta seguendo la querelle Nossiter / Intravino / Gastronauta / blogs di tutta Italia in onda in questi giorni, mai come adesso la rete è palpabile, tangibile. Mai come adesso “i dinosauri della comunicazione” hanno le ore contate, con le loro copertine patinate e tutto il resto.
Mi sento in una fucina straordinaria, come dovevano sentirsi i cittadini di Parigi prima della Rivoluzione, generata dall’invenzione dei caratteri di stampa e non dalle oscure politiche dei Gabinetti e delle Segreterie.
Vivere, per lavoro e per scelta, ai margini geografici del mondo non è più così impossibile.