Presentare i vini non è mai facile. Si può inviare una scheda tecnica con i dati analitici dei vini, ma la cosa migliore è sempre elaborare una descrizione semplice e personale, che faccia sentire il nuovo futuro cliente benvenuto in azienda
Questa sera un *futuro nuovo* cliente – e ci tengo moltissimo che diventi un *nuovo vero* cliente, perché ha un ristorante meraviglioso in un borgo medievale vicino a Piacenza dove si mangia benissimo – mi ha chiesto di consigliargli quali, dei miei vini, possano andar bene per la sua carta.
Ricordo la serata: un luogo incantato, si lasciano le auto sotto le mura e ci s’incammina a piedi lungo un sentiero di sassi, attorniato da boschi, una piazzetta minuscola sovrastata da una pieve romanica, fiori colorati, l’aria trasparente. E dentro calore, cura, sensibilità, un servizio premuroso, tante chiacchiere e, subito, amicizia.
Dicevo: il futuro nuovo cliente (sul *futuro nuovo* ho le dita incrociate da mezz’ora) mi chiede via email quali vini secondo me vanno bene per la sua carta, che ne vuol provare qualcuno. Inizio a ri-scrivere: prendo un pezzo di schede tecniche di qua, un pezzo di note di degustazione di là, e mi sento cretina.
No, il vino non è questo, niente affatto, e cancello tutto.
Allora scrivo di getto, scrivo dei vini e di come mi sento a parlare di loro, di come mi fanno sentire, a me che li vivo come se fossero persone, ognuno con il suo carattere, quello gentile e quello un po’ stronzo, quello che ti appaga e quello che a volte non ti parla nemmeno ma gli vuoi bene lo stesso, forse gli vuoi bene anche più degli altri proprio perché è così timido, introverso.
L’Inzolia è per tutti i giorni, un calice semplice, un benvenuto sorridente fra amici che vogliono chiacchierare delle prossime vacanze e sognare il caldo all’inizio della primavera, quando fa ancora freddo ma manca poco, pochissimo. Dietro le Case (che è sempre inzolia, ma delle vigne vecchie) è il vino giusto per una serata romantica, è un fiore, una carezza, una promessa. E il Grillo, Coste al Vento, per chi ama i sapori più forti, magari con quelle animelle che non c’erano in carta la sera che sono andata a mangiare lì, ma che tornerò ad assaggiare presto.
Tra i rossi, il Nero d’Avola per un tagliere di quei prosciutti e salumi così belli che penzolano impettiti nella sala di gastronomia, di cui sento ancora il profumo, e il Perricone (Microcosmo) per uomini veri che abbiano bisogno di un po’ di tannino e di tenerezza insieme.
Ciàtu, invece, è femmina nell’anima, anche se finisce con la u, che in siciliano di solito indica i maschi. E’ femmina profumata e forte, avvolgente e orgogliosa, una tanguera, in pratica.
C'è Albamarina, che è come quei dischi di cui esistono due versioni: c’è la versione da juke-box, quella che tutti ascoltano di pomeriggio al mare, e poi c’è il lato B. Il lato B è il disco strano, magari una collaborazione con un rapper sconosciuto o una versione strumentale struggente che va in loop all’infinito. E’ un vino dolce ma non dolce, che ti bevi il primo bicchiere ma non lo capisci mica tanto, così ti versi il secondo, magari per provarlo con dei formaggi un po’ puzzoni, o con della bottarga di tonno, o con dei cantucci di mandorla. E non lo capisci ancora bene, così magari sì, ti fai anche il terzo bicchiere.
Glieli ho scritti così, testualmente. E spero che un bicchiere dei miei vini voglia berselo anche lui, il mio *futuro nuovo* cliente, perché è così bello che il vino ti metta in relazione con persone splendide e luoghi incantevoli, che ti spiacerebbe non avere la possibilità di incontrare di nuovo.
Persone che fanno bello il mio mondo.
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